Quando Sara Morini di Discover San Miniato mi ha proposto un tour alla scoperta dei tartufi a San Miniato, non ho esitato e ho risposto subito di SI! Da tempo, infatti, volevo fare quest’esperienza in un territorio, quello di San Miniato in Toscana che, insieme ad Alba in Piemonte e Acqualagna nelle Marche, rappresenta un’eccellenza mondiale per il tartufo, bianco e nero. L’esperienza ha stravolto l’immaginario che avevo del mondo del tartufo e della sua degustazione, fatto di tartufai agguerriti, cani addestratissimi e locali lussuosi. In realtà si tratta di un mondo rispettoso della natura, cani giocherelloni e tradizioni che si tramandano di padre in figlio, in ambienti familiari e accoglienti.
A caccia nel bosco col cane da tartufo
La giornata, fresca ma, per fortua, senza pioggia, inizia con la ricerca del tartufo nel bosco. Massimo, tartufaio di terza generazione dopo il nonno Lino e il padre Salvatore, ci dice subito che la vera tartufaia (nonchè star della giornata) è la sua canina Stella di 12 anni, di cui lui è un umile assistente. Per cercare il tartufo si usano cani di media taglia docili e amichevoli (tra cui il ‘lagozzo’) che si addestrano sin da piccoli nascondendo un piccolo tartufo nel campo che va poi fatto ricercare. Al ritrovamento, il premio è un biscotto; finiti i biscotti, finisce la ricerca del tartufo!
Sulle colline sanminiatesi il tartufo si trova tutto l’anno, non solo da settembre a dicembre. In ogni periodo si trova un diverso tipo di tartufo da quello nero estivo a quello bianco, il più pregiato, a ottobre-novembre (periodo di sagre), tre tipi di tartufo nero invernale per passare a quello marzolino, allo scorzone primaverile e così via. Il nonno di Massimo è stato tra i primi tartufai in Toscana e l’idea di far conoscere a persone di tutto il mondo il modo in cui si cerca il tartufo per poi degustarlo in un ambiente familiare inizialmente sembrava assurda. Invece adesso quella proposta da Massimo con Truffle in Tuscany è un’esperienza diffusa ma che, alla fine, deve lasciare qualcosa a chi vi partecipa. L’obiettivo di Massimo è quello di insegnarci a capire che tipo di tartufo acquistare, come conservarlo, quale ordinare al ristorante e, soprattutto, quanto è importante l’habitat naturale del bosco che va lasciato intatto perchè ogni anno possa vedere la luce questo diamante naturale, unico e raro al mondo: sua maestà il tartufo.
Il tartufo è molto costoso ed è stata istituita una vera e propria borsa che in autunno stabilisce i prezzi a seconda della disponibilità di materia prima. Si può arrivare a 6.000/7.000€ al kg per i tartufi bianchi più pregiati, per questo non è possibile trovare ristoranti in cui piatti con tartufo costino meno di 45/50€ con una grattata di tartufo, che i ristoranti seri fanno prima annusare e toccare e pesano davanti ai clienti. In un anno in cui il prezzo del tartufo era alle stelle, un ristorante locale aveva tolto dal menu il piatto di tagliolini al tartufo perchè non poteva proporlo a meno di 90€. Per evitare di fornire spiegazioni sul prezzo così alto della pietanza a chi non era addentro al mondo del tartufo, ha preferito renderlo disponibile solo su prenotazione. L’Unione Europea stabilisce che il tartufo sia di indicazione geografica controllata perciò la prima domanda da fare prima di acquistarlo è relativa alla sua provenienza (San Miniato, Alba o Acqualagna).
Il tartufo non è un tubero ma un fungo, che si riproduce con le spore. Il profumo diventa afrodisiaco quando è maturo per l’esigenza di riprodursi: rilasciando il profumo viene trovato dagli animali che lo portano in giro per continuare il suo ciclo. Una volta trovato, si sposta il cane per evitare che scavi troppo con le sue zampe (o ingerisca quanto trovato!) e si scava con uno strumento apposito, il vanghetto, stando ben attenti a non rovinare il prezioso prodotto. Estratto il tartufo, si ricopre la buca con la terra (può arrivare sino a 40 cm sottoterra) e i tartufai, in concorrenza tra loro, mimetizzano con fogliame e rametti il luogo del ritrovamento (l’anno successivo molto probabilmente un altro tartufo potrà essere rinvenuto nel medesimo posto).
Per andare nel bosco alla ricerca di tartufi occorre una licenza e per ottenerla bisogna imparare come comportarsi, la normativa, le stagioni, come scavare e ricomporre l’area, che animale utilizzare (in Italia è consentito solo l’ausilio del cane da tartufo), lo strumento da usare (il vanghetto chiamato anche sbarrino, piatto, vanghino, ecc.). Dal 1985 una severa legge nazionale tutela l’habitat e punisce severamente (non solo con multe salate ma anche penalmente) chi utilizza per esempio zappe e rastrelli e questo, per fortuna, ha bloccato il 99% delle infrazioni. La vendita del tartufo bianco è ammessa da metà settembre e si può cercare dall’alba al tramonto (per evitare affollamenti che impaurivano la fauna notturna). Se non si rispetta la legge, si rischiano multe pesanti (100€ a fungo) e il sequestro del tartufo trovato.
Le regole per acquistare e conservare il tartufo
Prima di acquistare un tartufo occorre chiedere da dove proviene, poi annusare e toccare con mano (se trovano scuse per non far toccare il prodotto, meglio evitare di acquistarlo). La consistenza del tartufo bianco dev’essere soda, mai gommosa.
Per conservarlo si avvolge in tessuto o nella carta Scottex e si chiude in vasetti di vetro riposti in frigorifero. Meglio evitare di metterlo nel riso perchè si disidrata troppo. Il tartufo bianco si conserva sino a 25 giorni, lo scorzone nero sino a 40 giorni mentre il marzuolo solo 1 settimana. Si può anche lavare sotto acqua corrente ma si riduce il tempo di conservazione (meglio farlo quando si utilizza subito dopo).
Generalmente il tartufo bianco si trova dai 2.000 ai 3.000 € al kg mentre lo scorzone costa dai 500 ai 1.000 € al kg. Per acquistarlo, evitare i negozi in franchising del centro perchè propongono surrogati del tartufo (olio tartufato, creme al tartufo, ecc.) realizzati con aromi chimici. Inutile acquistare tali prodotti a San Miniato quando si possono trovare anche a Hong Kong: qui occorre dare qualcosa di esclusivo per cui valga la pena tornare.
Pranzo a base di tartufo fresco
Dopo un’oretta, la caccia al tartufo con la deliziosa canina Stella si è conclusa con un ricco bottino: 2 tartufi bianchi e 1 tartufo nero di fine estate. E’ tempo di avviarsi verso il casale di Massimo, nei pressi di San Miniato, dove ci aspetta sua sorella Letizia, la chef di famiglia. Letizia ci spiega che l’utilizzo e la preparazione del tartufo in cucina è piuttosto semplice a patto che si osservino alcune regole.
Innanzitutto bisogna decidere se il tartufo si utilizza subito oppure dev’essere conservato. Nel caso, meglio tenere il tartufo bianco in frigo e quello nero fuori, altrimenti il forte profumo del bianco sovrasterebbe qualsiasi altro. Se il tartufo si consuma subito, va lavato con spazzolino e acqua corrente, per eliminare i residui terrosi. Se va conservato, invece, il lavaggio riduce tempi conservazione a massimo 2 settimane. Se si decide da subito che il tartufo va conservato, occorre avvolgerlo di Scottex e chiuderlo in un vasetto di vetro a chiusura ermetica. Una ventina di minuti prima dell’utilizzo, si toglie dal vasetto per farlo asciugare prima di grattugiarlo sulle preparazione.
Bisogna trattare delicatamente il tartufo per non frantumarlo con due strumenti: quello per grattugiare (per incorporarlo in salse, creme, ecc.) e quello per ridurlo in scaglie. I ristoranti specializzati consentono di visionare la parte interna del tartufo che consente di capire se è vero (se è marmorizzato con venature visibili) o se è chimico (una patata aromatizzata, per esempio, dette tartufi cinesi). Non abbiate paura di chiedere di vedere i tartufi che andate a degustare, che andrebbero anche toccati per sincerarsi della consistenza.
Letizia riduce prima un tartufo nero, poi uno bianco in scaglie e ce li fa assaggiare: per il nero si sente un profumo delicato e un intenso sapore di bosco mentre, al contrario, quello bianco ha un profumo pungente ma un sapore avvolgente, che ricorda cavolfiore, aglio o bluecheese. Se il profumo è eccessivo e ci porta a chiudere gli occhi con fastidio, invece di darci una sensazione gradevole, vuol dire che sono stati aggiunti aromi artificiali, chimici.
Per gli abbinamenti, il nero è molto più versatile rispetto al tartufo bianco che si accompagna soltanto ai tagliolini, all’uovo, alla patata, alla ricotta cioè a piatti semplici tali da non coprire il suo sapore particolare. Per lo stesso motivo, i vini migliori per le degustazioni di tartufo sono le bollicine o vini bianchi (il Chianti viene usato per accontentare gli stranieri).
Per quanto riguarda la resistenza alla temperatura, il tartufo nero può essere trattato sino ai 60/70° mentre il bianco dev’essere servito temperatura ambiente e poi scaldato in bocca sino 40° circa altrimenti perde il suo aroma. Per entrambi va evitata l’esposizione a fiamma diretta o la cottura al forno ma l’ideale è grattarli direttamente sul piatto prima di servirlo o aggiungerli a fiamma rigorosamente spenta.
Menu degustazione a base di tartufo
Il nostro delizioso menu degustazione prevede il tartufo, prima nero poi bianco, dall’antipasto al dessert. Partiamo con un piatto semplice: una purea di ceci autoctoni, bolliti in acqua, poi frullati col mixer a immersione e serviti al naturale con aggiunta di pepe, grani di sale, olio extra-vergine d’oliva toscano e una grattata di tartufo bianco e nero. In parallelo, si stappa una bottiglia di spumante locale, della cantina Cupelli Vini di San Miniato, “L’erede”, un Brut millesimato ottenuto da Trebbiamo Toscano al 100% di colore giallo-verdino con un profumo fresco e fruttato, un gusto armonico che si sposa perfettamente al nostro antipasto.
Il primo prevede ravioli ripieni di burrata e ricotta, conditi con nocciole tritate e scaglie di tartufo nero. Si cambia vino sempre di una cantina locale, Pietro Beconcini, col loro PRS Anno Zero, realizzato con Malvasia 100%, aromatico con i suoi profumi agrumati ed esotici. Accompagna il piatto a mio parere migliore del pranzo: un souffle di patate su letto di crema di taleggio con appoggiato un uovo in camicia e scaglie di tartufo bianco. I sapori delicati e aromatici si fondevano all’assaggio in modo sublime!
Anche il dessert è a base di tartufo: un gelato servito in alluminio color tartufo nero, una sorta di lindor di cioccolato bianco con tartufo grattugiato, che si sente solo alla fine, quando il gelato si è già sciolto in bocca. Viene servito su una sezione di tronco d’albero accompagnato da un nocino fatto in casa da Salvatore, papà di Massimo.
Durante il pranzo abbiamo chiacchierato con Salvatore, che è stato nell’Associazione dei Tartufai di San Miniato e ci ha raccontato le sue lotte a tutela del tartufo vero, non dei suoi surrogati, specialmente nelle spedizioni all’estero. Massimo invece ci racconta di come abbia iniziato in modo sperimentale a cucinare per i turisti e gli appassionati in casa della nonna dopo essere andato alla ricerca del tartufo e di come l’accoglienza familiare e calorosa fosse stata da subito apprezzata. Per questo hanno ristrutturato la dependance della loro casa di campagna, creando una cucina ad isola a vista, per scuole di cucina e una tavolata per creare degustazioni speciali con un approccio basato sulla convivialità. E posso assicurare che funziona! Abbiamo fatto amicizia con gli influencer-blogger vicini a noi e mio cognato Piero, super-entusiasta, ha fugato ogni suo dubbio sulla conservazione e preparazione del tartufo parlando con Massimo e Letizia. Un’esperienza esclusiva che ricorderà per tutta la vita e che ha già iniziato a raccontare a parenti e amici anche perchè io e Piero siamo diventati ufficialmente “Ambasciatori” del vero Tartufo di San Miniato con tanto di diploma!
La giornata non finisce qui: Sara ha escogitato un ottimo metodo per farci smaltire il tartufo appena degustato: una caccia al tesoro con visita a San Miniato per brindare, alla fine, con un aperitivo in compagnia (a distanza) in un elegante ristorante con vista panoramica sulle colline sanminiatesi. Ma di questo parleremo nel prossimo post (qui).
Informazioni pratiche
Discover San Miniato nasce dall’idea della sanminiatese Sara Morini, guida turistica certificata che intende offrire esperienze vere, con l’ausilio di partner affidabili e appassionati come lei. Fondato Discover San Miniato, Sara crea tour personalizzati per grandi e piccoli, perchè divertendosi si possano scoprire alcuni dei luoghi più noti nel mondo per il tartufo (eccellenza gastronomica), la storia e l’arte, i panorami e tanto altro. Per scoprire di più: www.discoversanminiato.it
Truffle in Tuscany ha l’obiettivo di mostrare a turisti e curiosi il vero mondo del tartufo, l’esperienza che si tramanda di generazione in generazione, l’attenzione al territorio e l’amore per i cani che sono i veri tartufai. Dopo la ricerca nel bosco, l’accoglienza avviene in casa del tartufaio per comprendere conservazione, preparazioni e abbinamenti in un contesto caloroso e familiare. Per scoprire di più: www.truffleintuscany.it
[…] sull’esperienza della caccia al tartufo seguita dal pranzo degustazione a casa del tartufaio (qui il post) organizzata da Sara Morini di Discover San Miniato? Beh, la giornata non termina col pranzo […]