Sabato mattina, nostra terza giornata a Napoli (vai qui per la prima e qui per la seconda), la mia nipote Emilia parte per un corso di aggiornamento professionale a Roma e noi tre, dopo la colazione in terrazza, abbiamo fissato una visita guidata alla Certosa di San Martino, accanto al Castel Sant’Elmo che la sovrasta (lo vedremo la prossima volta) da cui si gode della stupenda vista di tutta Napoli centrale, da una parte, e del suo golfo, dall’altra. Prendiamo la funicolare a Montesanto (prima della fermata della metro 2 presa ieri sera), arriviamo prima dell’orario di apertura della Certosa e ci godiamo il panorama dall’alto del piazzale: si vede tutto il centro storico di Napoli e un napoletano ci aiuta ad identificare piazza Bellini e la via Spaccanapoli (al lato del Chiostro di Santa Chiara visto il primo giorno) che divide di netto in due la città, come indica il nome.
Entriamo e attendiamo la guida per la prima delle due visite, l’itinerario Certosino e i Sotterranei gotici, che sono davvero contenta di aver prenotato al prezzo del biglietto (costo 5 euro ad adulto). Il gruppo è formato e parte l’itinerario certosino: la guida ci porta all’interno di alcune sezioni e stanze solitamente chiuse al pubblico, ce le apre e… non dice assolutamente nulla: non una spiegazione,non un cenno storico o artistico. NIENTE. Poi le richiude a chiave. Questa sarebbe la visita guidata da prenotare in anticipo? Sono perplessa… Iniziamo con una sezione dedicata alla Farmacia – Spezieria dei Monaci (silenzio), quindi passiamo al Chiostro grande con un angolo decorato da riproduzioni di teschi (che Franci va a vedere ad uno a uno da vicino, ovviamente). All’interno ci sono ritratti dei frati certosini, un plastico con la riproduzione della Certosa e dei bellissimi pavimenti marmorei a fantasie geometriche (silenzio). Passiamo a vedereil Quarto del Priore, appartamento con sale di rappresentanza con ventagli, maioliche, libri antichi (silenzio) e affacci sul golfo e lungomare di Napoli da una parte e Pozzuoli dall’altra: magnifico! Per salire alla zona museale del primo piano si passa da antichi pavimenti con maioliche riccamente decorate, porte importanti e affreschi su tutte le pareti, con panorami di zone limitrofe. Siamo sempre più sconcertati, però, dall’atteggiamento delle guide e dei sorveglianti di questo museo statale (ossia con stipendi pagati da noi italiani): non fanno letteralmente nulla! Nelle varie sale spippolano sullo smartphone, fumano e spettegolano a crocchi nei cortili, mostrano indifferenti libri per imparare lo spagnolo e, addirittura, uno di loro dà da mangiare a un gatto… all’interno del sito museale e in orario di lavoro davanti al pubblico pagante! Uno spettacolo indecoroso (capisco benissimo Mauro Felicori, nuovo Direttore della Reggia di Caserta, accusato di essere uno stakanovista: forse il problema è iniziare a capire che si è pagati dallo Stato (ossia da noi) per lavorare…
Dopo un’oretta, ci riuniamo nuovamente nel cortile davanti alla Chiesa da cui dovrebbe partire la visita guidata ai sotterranei e vedo una simpatica ragazza, apparentemente più vivace della silente signora precedente. In effetti si tratta di una guida ma dell’associazione culturale Le Capere, che richiede 6 euro in più ad adulto per la visita. Cifra che, capito l’andazzo delle guide ‘statali’, paghiamo immediatamente pur di effettuare una vera e propria visita guidata alla struttura… E non ce ne pentiamo perché le nostre Capere, Donne che raccontano Napoli, sono ragazze napoletane preparate come le antiche pettinatrici che, passando di casa in casa, ascoltavano e diffondevano i pettegolezzi delle persone. In questo caso vengono raccontate informazioni e curiosità sulla storia, le tradizioni e la cultura di Napoli e della Campania con tour artistici, enogastronomici e naturalistici interessanti per grandi e bambini. E lo fanno con tanto entusiasmo (troverete l’intervista in uno deiprossimi post). Del tour eravamo gli unici NON napoletani e anche questo è molto bello: dimostra che i napoletani sono un popolo colto e interessato ad approfondire la storia della propria città. Francesco fa subito amicizia con un altro bambino più o meno della stessa età a cui dà la mano mentre facciamo il giro della Certosa. Scendiamo verso i Sotterranei, da poco aperti al pubblico, passando attraverso un gruppo di allievi di yoga col maestro (bellissimo fare yoga in una struttura artistica con un panorama mozzafiato!).
I sotterranei costituiscono le fondamenta trecentesche della Certosa e sono stati da poco riaperti al pubblico in continua ristrutturazione. Si tratta di un’imponente opera ingegneristica caratterizzata da pilastri e volte ogivali. Negli androni sono esposte 150 opere, tra statue, tombe ed epigrafi (pezzi di atti notarili, contratti di locazione, ecc.) in marmo, rilenti da medioevo (i santi e le tombe col cagnolino, simbolo di fedeltà, ai piedi del padrone) al XVIII secolo, raccolte da donazioni, cessioni, acquisti, lasciti da fine Ottocento e inizio Novecento. Ci sono il sarcofago di Beatrice del Balzo (da una vasca romana del II secolo d.C.), frammenti di figure femminili, Madonna col Bambino. Alla fine ci sono una statua di San Francesco d’Assisi scolpita da Giuseppe Sanmartino (l’autore del Cristo Velato) e la Modestia, realizzata da un suo allievo.
Affascinanti le Carrozze esposte nel Chiostro dei Procuratori: quella in legno dorato con dipinti e tessuti preziosi che serviva a trasportare gli Eletti in città e quella della regina Maria Cristina di Savoia proveniente da Firenze, nel periodo in cui fu capitale d’Italia. Sulle pareti sono visibili enormi stemmi reali e nobiliari provenienti da porte, conventi, castelli cittadini e la Colonna della Vicaria, dove venivano esposti per punizione i debitori insolventi (se ci fosse adesso…).
Ai bambini piace molto la sezione navale contenente le imbarcazioni della Regia Marina con i due pezzi forti: la Lancia reale a 24 remi di epoca borbonica costruita nel 700 nell’Arsenale di Napoli, con intagli in oro e un baldacchino affrescato e quella a 14 remi di Umberto I di Savoia, del 1889, con rifiniture dorate a tema marino e un baldacchino con lo stemma Sabaudo. Tanti modelli in scala mostrano l’evoluzione e la perizia delle maestranze di Napoli e Castellammare di Stabia dell’epoca e nelle vetrine sono esposti strumenti nautici, astrolabi e armi dell’epoca. Purtroppo non si poteva salire sul soppalco dove è esposto un Caicco turco del XVIII secolo decorato con arabeschi.
Splendida come sempre la sezione dei presepi napoletani del 700/800 che ospita un presepe tra i più grandi, di Cuciniello, ambientato in una grotta con circa 800 personaggi tra cui degli angeli che scendono la cielo (ma Franci sgama i fili di nylon) e il più piccolo presepe del mondo all’interno di un guscio d’uovo. Ma tanti altri sono i presepi dalla connotazione orientale, più antichi (la Vergine puerpera in legno del 300 mentre del 400 sono le sculture della Chiesa di Carbonara) scene della nativita’ e della vita quotidiana (con negozi, osterie, animali, nature morte, miniature dioggetti ecc. realisticamente riprodotti in scala) esposte negli ‘scarabattoli’ (le caratteristiche vetrinette).
A me è piaciuta in modo particolare la spettacolare Chiesa dove, per la ricchezza dei materiali, dei pavimenti, delle sculture, delle incisioni, degli affreschi si poteva trascorrere un’intera giornata a conoscerne e ammirarne i segreti e le bellezze! L’ingresso è nel cortile in cui ha avuto inizio la visita guidata e, superando una sala dopo l’altra, abbiamo l’opportunità di comprendere la storia della pittura e della scultura napoletana dal Seicento al Settecento. Passiamo da cappelle intarsiate in marmo (fatto arrivare da Carrara), volte dipinte in modo incredibile con nuvole, luci, angeli e il presbiterio con una balaustra di bronzo dorato, marmo e pietre preziose. Unici sono gli armadi in noce intarsiati della sagrestia monumentale con scene cittadine realizzate da artisti fiamminghi e napoletani. L’altare maggiore incompiuto è in legno dorato mentre nel coro sono visibili tele commissionate dai certosini ai maggiori artisti del XVII secolo: Guido Reni, Massimo Stanzione, Battistello Caracciolo, Jusepe de Ribera, ecc. e sculture del Bernini buttate là come se niente fosse… SPETTACOLARE!
Soddisfatti per l’intensa visita guidata, ringraziamo le bravissime Capere e scendiamo verso il quartiere residenziale del Vomero. Si, bello, viali alberati, negozi per lo shopping, ristorantini e gelaterie. Si, tranquillo, vediamo per la prima volta vucumprà (quindi c’è gente ricca). Ci fermiamo a pranzo alla Pizzeria Gorizia 1916 e, devo ammettere, mangio la migliore focaccia condita con mozzarella di bufala, prosciutto crudo, pomodori e basilico a crudo e olio d’oliva extravergine dop dei giorni trascorsi a Napoli: ingredienti di qualità e leggerezza assoluta (prezzo un po’ alto per Napoli: ben 10 euro ma, devo dire, ben spesi). Continuiamo a girare per il Vomero e assaggiamo la nuvoletta in una delle tante pasticcerie Leopoldo di Napoli: si tratta di un impalpabile mini-bombolone con dentro ricotta e panna o ricotta e cioccolato. Buonissima! Il Vomero è un po’ come via Gioberti a Firenze: perfetto per viverci ma niente di caratteristico.
Andiamo a prendere la funicolare per reimmergerci nel casino e nella vita della ‘vera’ Napoli, quella di via Toledo e piazza Bellini, per intenderci. La stazione Fuga della funicolare è un vero gioiellino liberty con decori delle vetrate, lampadari, panchine in stile. Scendiamo con grande divertimento di Francesco e arriviamo in centro, stazione Augusteo, dove si impone un giro nell’enorme e ariosa piazza del Plebiscito, tra i simboli di Napoli con i suoi leoni (Franci sale su uno di loro), tra il lungomare e via Toledo, con la facciata del Palazzo Reale in rifacimento e la Basilica di San Francesco di Paola dalla parte opposta. Dopo un po’ di shopping per Franci da Scout (pantaloncini e due magliette) arriviamo alla Galleria Umberto I dove degustiamo la sfogliatella di Mary, consigliata da alcuni auctotoni (la mia preferita rimane quella di Scaturchio), mentre Franci ha preferito un gelato da Casa Infante in via Toledo. Distrutti dalla camminata e dal caldo, preso un Lego a Franci (dai, su, solo 10 euro), torniamo al Bed & Breakfast per un po’ di relax e una doccia, prima di andare a cena con due colleghi di Fabio e le loro bimbe. Scelgono il ristorante Donna Margherita in vico Alabardieri, in una bella zona nei pressi di via Chiaia, con tante fine piante sul soffitto e personale molto attento e veloce. Come al solito, il fritto misto napoletano e la pizza sono ottime ma io decido di assaggiare l’impepata di cozze mentre una bimba del collega di Fabio ordina un menu tipicamente toscano: crostini e affettati e tagliatelle ai funghi. Evabbè… Prendiamo un taxi per tornare al B&B perché siamo distrutti e, in piena movida, ci accasciamo sul letto per la nostra ultima notte napoletana della gita. E domani ci attende un’altra visita guidata prenotata in anticipo (speriamo migliore di quella odierna 🙂
Informazioni pratiche
- Certosa di San Martino (sito web) in Largo San Martino 5 a Napoli aperto tutti i giorni aperto 8.30-19.30; chiuso il mercoledi’. Costo biglietti: 6€ adulti e 3€ ridotto
- Le Capere – qui la fanpage per essere aggiornati sulle iniziative
- Ristorante Pizzeria Gorizia 1916 in via Gian Lorenzo Bernini 29-31 al Vomero (Napoli)
- Ristorante pizzeria Donna Margherita in vico II Alabardieri 4 a Napoli
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