Sono stata invitata a Bologna per partecipare a una riunione alla BBS (Bologna Business School) nella bellissima sede di Villa Guastavillani (in via degli Scalini 18 in cima ai colli) e ne ho approfittato, nonostante il maltempo, per fare una passeggiata in citta’ e per visionare in un giorno feriale l’interessante mostra di Edward Hopper a Palazzo Fava, di cui tanto avevo visto sui social. Sono arrivata alla Stazione Centrale di Bologna dopo aver lasciato Francesco a scuola e mi sono incamminata pigramente in via dell’Indipendenza, dove mi sono fermata a fare colazione in un moderno bar prima di arrivare a Palazzo Fava, in via Manzoni 2, dove ho fatto il biglietto per la mostra, 13 euro, che da’ diritto all’audio-guida, utile per comprendere a fondo le opere esposte in mostra.
Edward Hopper è un pittore statunitense noto per aver creato uno stile prettamente americano con i suoi paesaggi di dettagli insignificanti e mai raffigurati prima (pompe di benzina, pali della luce, scorci di ponti, stanze chiuse, persone solitarie in strane faccende affaccendate, ecc.) adesso diventati simboli della sua societa’, icone per cineasti e pubblicitari dell’ultimo secolo (lui stesso era un grafico) e parte dell’immaginario visuale e cinematografico degli USA.
Hopper, di famiglia borghese, nacque nel 1882 e, gia’ da bambino dotato in disegno, fu incoraggiato dai suoi genitori ad approfondirne lo studio frequentando la New York School of Art per poi girare l’Europa dopo il diploma (Parigi, Londra, Berlino e Bruxelles) per poi trasferirsi a Parigi, citta’ in cui adorava bighellonare osservando le persone in giro per bistrot e caffetterie (mentre negli USA la gente correva per fare soldi). L’impressionismo americano si fonde con le influenze francesi (ballerine, paesaggi, natura) e con richiami architettonici (ponti, scale, prospettive) con focus su luci e ombre.
Leggo dalla pagina di Edward Hopper di wikipedia: “I primi quadri del periodo parigino erano di piccole dimensioni, avevano colori cupi e prediligevano spazi angusti: cortili, sottoponti, trombe di scale, stradine (ndr vedi la china di ispirazione noir “Night Shadows”). Successivamente la tavolozza divenne più lieve, le composizioni rappresentavano in spazi più aperti soggetti come le chiuse dei canali, i rimorchiatori sulla Senna, il sole che si riflette sugli edifici.” E le stanze chiuse si trovano sia a Parigi (le chine delle donne seminude con la finestra aperta) che a New York (la ballerina che si rammenda il tutù).
Tornato negli Stati Uniti inizia a dipingere dettagli urbani e a vendere ed esporre i propri quadri sino a che non realizzò la controversa “Soir Blue” all’interno della prima personale tenuta nel 1920 al Whitney Studio ispirato a una poesia di Rimbaud sui piaceri del vagabondaggio con la terrazza di un caffè parigino, una prostituta col suo protettore, un artista e un pierrot. Tante furono le critiche ricevute per l’opera che l’autore l’arrotolò e dimenticò per poi essere rivalutata dopo la sua morte.
Hopper iniziò a diventare famoso e, finalmente, interruppe il lavoro di illustratore con cui si era guadagnato da vivere sino ad allora, e si sposò con Josephine, unica modella di tutti i suoi personaggi femminili. Un dipinto piuttosto triste la immortala in una danza discinta da triste localino sexy o ad attendere qualcuno nella hall di hotel o spettatrice di spettacoli teatrali – qui il protagonista diviene lo spettatore, non lo spettacolo o ancora come segretaria in tailleur a tubino fasciante in un ufficio insieme al titolare (un interno di ufficio è una location davvero nuova ed inconsueta per un pittore). I suoi dipinti divennero ispirazione di registi (House by the Railroad, la casa in stile “secondo impero americano” di Psyco di Hitchcock fu donata al MoMA di New York che gli dedicò la prima retrospettiva.
Stufo delle citta’, il pittore acquistò una casa a Truro, nella penisola di Cape Cod, e a dipingere i tipici paesaggi marini (dune, case isolate nel paesaggio, pescherecci e porticcioli, ecc. ma soprattutto fari tra cui “Two Lights“) tra cui gli ultimi dipinti che abbiamo visionato quali Cape Cod Sunset e South Carolina Morning o il mitico Second Story Sunlight in cui vengono raffigurati la gioventù e la vecchiaia, l’attivita’ e la passitiva’, la luce e l’ombra. Alla mostra è stata creata un’installazione relativa a questo dipinto in cui sedendoci su una sedia apparivamo al posto della vecchina seduta a leggere nel quadro posto nella stanza (e potevamo, finalmente, fotografarci, attivita’ vietata nel resto delle sale del Palazzo sede della mostra). Al top della fama, dopo una copertina del Times, Hopper morì a 85 anni il 15 maggio 1967 nel suo studio di New York. Per Fabio che non è potuto venire ho acquistato il catalogo della mostra, molto gradito.
Al termine della mostra, dopo una bella passeggiata attraverso il Centro Storico di Bologna, per pranzo mi sono seduta all’aperto da Casa Minghetti nell’omonima piazza, dove mi sono fermata a mangiare un piatto unico di pesce vicino a piazza Cavour (sede della fermata del bus 59 per Villa Guastavillani). Bologna, grazie per la bella giornata trascorsa! Ritorneremo 🙂
Indicazioni pratiche: Palazzo Fava via Manzoni 2 in centro a Bologna
Mostra di Edward Hopper (qui il sito ufficiale) dalle 10.00 alle 20.00 – ultimo giorno 22 luglio 2016
Biglietto della mostra 13 euro per adulti, ridotto a 11 euro e 5 euro per bambini e scuole (informarsi e prenotare eventuali laboratori didattici)
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