Un paio di mesi fa ho prenotato la visita guidata relativa alla mostra “Untrue Unreal” di Anish Kapoor a Firenze e, con l’occasione, ho rinnovato la mia membership Amica di Palazzo Strozzi per poter entrare tutte le volte che voglio e partecipare in esclusiva a visite guidate e all’anteprima delle prossime mostre. Adesso dovrei spiegarvi il significato delle opere, ma se l’artista stesso non ha voluto didascalie e spiegazioni per dare spazio alla libera interpretazione del visitatore, chi sono io per spiegarvele? Faccio una semplice carrellata delle (poche) opere (sacrificate) esposte, concludendo con alcune mie considerazioni personali sulla scarsa valorizzazione dell’arte contemporanea a Firenze.
Untrue Unreal di Anish Kapoor
Se non c’è coda, potreste iniziare la visione della mostra dall’installazione del cortile esterno di Palazzo Strozzi che, per ragioni di esiguità dello spazio, è fruibile solo per i possessori del biglietto. Si tratta di tre buchi neri? Oppure no? Il bello di questa mostra è che ognuno di noi può vedere (o credere di vedere) cose diverse. Chi un vuoto e chi un pieno. Chi un buco e chi un dipinto.
Si sale al primo piano del Palazzo che, con i suoi spazi squadrati e regolari, ha costituito un vincolo per l’artista abituato a creare opere monumentali e curvilinee in spazi aperti per lasciare il visitatore libero di interagire con le sue installazioni. All’ingresso si trova l’opera raffigurata nel poster della mostra “Syayambhu” che, in sanscrito, indica ciò che si genera autonomamente. Infatti quest’opera nasce da un blocco di cera rosso-sangue che impiega mezz’ora ad andare avanti e indietro su binari posizionati a cavallo tra due sale, la prima e la terza (doveva occupare tre sale) cambiando forma. Parte integrante dell’opera sono anche i rimasugli di cera che cadendo a terra si accumulano in mucchietti o vanno a fermarsi sull’architrave della porta che conduce da una sala all’altra (per fortuna, ricoperta da un falso architrave per non rovinarlo col materiale dell’opera).
Nella seconda sala sono esposte le sculture “To Reflect an Intimate Part of the Red” caratterizzate da pigmenti rosso e giallo vivo. Appena sono entrata mi sono sembrate dei succosi e colorati frutti maturi ma non credo che fosse l’intenzione dell’artista (che però apprezzerebbe la mia fantasia). Nella sala successiva, in cui passa il mega-blocco di cera di cui ho già parlato, è presente anche “Endless Column“, una colonna infinita rossa, appunto, che sembra penetrare nel soffitto.
Passiamo alle mie sale preferite, quelle in cui sono presenti alcuni esempi della serie dei black works, realizzati con un pigmento nero, il Vantablack (nanotubi di carbonio), di cui Anish Kapoor ha l’esclusiva. Questo materiale è in grado di assorbire oltre il 99,9% della luce visibile fino a creare dei veri e propri buchi neri e delle ombre suggestive, a seconda del punto di vista dell’osservatore. Non si capisce quali siano in altorilievo e quali bucate, in un gioco ottico che disorienta il visitatore. Meraviglioso! La suggestione continua nella sala successiva con le “Gathering Clouds“, quattro monocromi concavi? convessi? pieni? vuoti? in diverse sfumature di grigio. Dello stesso magico pigmento sono realizzate le tre opere installate nel cortile esterno di Palazzo Strozzi.
Passiamo a una sala un po’ disturbante dove protagonista è il corpo umano, o meglio alcuni organi interni del corpo. Alle pareti sono esposte opere che sembrano agglomerati di carne, viscere, sangue, muscoli e al centro un’opera, “Blackish Fluid Excavation” realizzata in resina e acciaio che richiama un’enorme vagina (molto sacrificata in quella sala). La sala successiva dà veramente le vertigini con i suoi specchi sferici, concavi e convessi dove il visitatore può fotografarsi, rincorrersi, apparire ingrandito o scomparire del tutto, vedersi a testa in giù. A mio parere, è la sala più di ogni altra inadeguata alle installazioni presenti che richiederebbero molto più spazio per essere fruite in modo 0ttimale. L’ultima sala mostra delle grandi pietre di ardesia ricoperte da pigmento blu di Prussia che mi danno l’impressione degli scogli di una località remota in Scozia o in Irlanda.
Firenze crede all’arte contemporanea?
Vorrei ma non posso. Anzi, forse neanche vorrei… Così si potrebbe sintetizzare il rapporto di Firenze con l’arte contemporanea. Ci prova, non dico di no, ogni tanto a proporre qualche evento di artisti contemporanei specialmente per l’impegno del team di Arturo Galansino, fantastico Direttore Generale di Palazzo Strozzi a Firenze. Ma sarà questa la sede adatta per installazioni di arte contemporanea che richiederebbero spazi come la Fondazione Prada a Milano o la Tate Modern a Londra? Firenze, invece, continua a vivere di rendita sfruttando i capolavori del Rinascimento con qualche tentativo di svecchiare la sua offerta senza, però, pensare a uno spazio adatto come altre città europee hanno già fatto da tempo. Nella mia mente immagino uno spazio periferico, modellabile a piacere, una fabbrica dismessa (poteva essere la Manifattura Tabacchi che, ahimè, è diventata l’ennesimo luogo commerciale e senz’anima di una città votata al turismo selvaggio), una zona poco frequentata della città da rigenerare grazie all’arte contemporanea. Era stato fatto un timido tentativo con l’EX3 a Gavinana, ora emozionante Memoriale delle Deportazioni. Ma possibile che non si riescano a trovare spazi adatti e pensati proprio per ospitare installazioni di artisti contemporanei come a Milano, Roma, Londra, Berlino, ecc.? A Firenze bisogna per forza vivere di passato e di rendita?
Informazioni pratiche
La mostra “Untrue Unreal” di Anish Kapoor termina il 4 febbraio 2024 ed è visitabile tutti i giorni dalle 10.00 alle 20.00 (il giovedì sino alle 23.00).
La tessera “Amico di Palazzo Strozzi” costa 50€ e dà diritto all’accesso il giorno prima dell’apertura alle prossime mostre, visite guidate in esclusiva e sconti e omaggi presso altri Musei in tutta Italia.