Ho avuto modo di partecipare come ‘narratrice’ alle giornate FAI (Fondo Ambiente Italiano) d’autunno, con la sezione di Firenze. Per motivi di emergenza COVID, le giornate sono state spalmate su due weekend e sono stati contingentati gli ingressi (gruppi di massimo 15 persone senza la possibilità di far accedere chi era in lista d’attesa per evitare assembramenti). Come volontaria, ho dato la mia disponibilità due mattine e ho illustrato al mio gruppo un luogo molto visto da lontano ma poco conosciuto in dettaglio: il complesso della Centrale Termica della Stazione Santa Maria Novella di Firenze progettato e realizzato da Angiolo Mazzoni.
Le storia delle stazioni ferroviarie a Firenze
Nella seconda meta dell’Ottocento, le stazioni erano il simbolo del rapporto fra scienza, tecnologia e arte. Da una parte richiamavano la struttura delle basiliche col loro aspetto architettonico curato, dall’altra costituivano un problema urbanistico per la loro novità e per la loro ubicazione nel tessuto urbano. Nel 1848 fu inaugurata all’interno delle mura cittadine dietro la chiesa di Santa Maria Novella la stazione Maria Antonia, una “nuova porta” della città punto di partenza del tragitto Firenze-Prato-Pistoia. Nello stesso anno fu inaugurata la stazione Leopolda, fortemente voluta dal granduca per collegare Firenze con l’importante porto di Livorno mentre la stazione Ferdinanda univa Firenze ad Arezzo (e in seguito allo Stato Pontificio) si trovava subito fuori le mura, in piazza Beccaria (oggi sostituita dalla stazione del Campo di Marte).
Nel 1924 nacque il Ministero delle Comunicazioni, con a capo Costanzo Ciano (padre di Galeazzo), che si occupava di trasporti e di comunicazioni e dei servizi pubblici più importanti per lo Stato: Poste e Ferrovie. Venne creato un ufficio proposto a sovrintendere alla ristrutturazione e a nuove costruzioni di reti stradali, ferroviarie e postali anche per un bisogno di rappresentatività del Regime. Tutto il quartiere circostante Santa Maria Novella fu coinvolto nei grandi lavori della Stazione di Firenze quando si decise di ammodernare la vecchia stazione Maria Antonia dotandola di un complesso di edifici funzionali che comprendevano:
- Fabbricato Viaggiatori del cui rinnovo fu incaricato nel 1931 Angiolo Mazzoni, funzionario del Ministero delle Comunicazioni. Il progetto però fu considerato ‘manierista’ e poco innovatore, perchè proponeva un insieme di edifici in rapporto con i monumenti cittadini, con i quali però non poteva esserci paragone, sia nelle forme che nei materiali. La polemica suscitata da alcuni intellettuali fiorentini tra cui lo scultore Raffaello Romanelli costrinse il ministro Ciano a bandire un concorso pubblico affinché Firenze avesse un edificio per i viaggiatori del tutto innovativo pur se compatibile con i lavori già avviati da Mazzoni. Risultò vincitore nel 1933 il Gruppo Toscano guidato da Giovanni Michelucci mentre Mazzoni arrivò secondo classificato.
- Palazzina Reale di via Valfonda, oggi sede dell’Ordine degli Architetti, realizzata dal Gruppo Toscano nel 1935 per ospitare il re di passaggio a Firenze dato che Palazzo Pitti. da residenza reale si era trasformato in museo pubblico nel 1919.
- Via Alamanni, complesso di edifici progettati da Mazzoni dal 1931: la Dogana, Poste e Telegrafi, alloggi militari, Mensa e Dopolavoro Ferroviario legata al cavalcavia fra viale Fratelli Rosselli e viale Strozzi.
- Palazzo della «Squadra Rialzo», tra viale Redi e viale Belfiore, progettato da Mazzoni e dedicato ai riparatori delle vetture ferroviarie, poi modificato negli anni Cinquanta.
- Centrale termica e Cabina apparati, fra via Cittadella e via delle Ghiacciaie, progettato da Angiolo Mazzoni con funzione di Centrale Termica, per il riscaldamento dei locali della stazione e dei vagoni passeggeri, e di Cabina degli apparati centrali, con 280 leve per il comando di segnali e scambi ferroviari. Il progetto fu approvato dal Ministero delle Comunicazioni nel 1932 con l’obiettivo di costruire un unico ed efficiente impianto centralizzato per il riscaldamento dell’intera stazione di Santa Maria Novella e fu inaugurato nel 1934, un anno prima del Fabbricato Viaggiatori. In questo contesto ‘defilato’, Mazzoni poté esprimersi liberamente e le sue opere, dopo decenni di disinteresse, sono state recentemente rivalutate dalla critica e sottoposte a vincolo architettonico dal 1992, a tutela dell’intero complesso della stazione ferroviaria di Santa Maria Novella.
Angiolo Mazzoni, ingegnere e architetto futurista
Angiolo Mazzoni nasce a Bologna nel 1894, dove si laurea in Ingegneria civile e consegue il diploma in Architettura presso l’Accademia di Belle Arti, allievo dell’ingegnere e architetto Gustavo Giovannoni. Nel 1920 frequenta a Roma lo studio di Marcello Piacentini, con cui parteciperà al concorso per il Palazzo della Società delle Nazioni di Ginevra, classificandosi al terzo posto. Nel 1921 Mazzoni viene assunto come Ingegnere provvisorio presso la Sezione Speciale Lavori delle Ferrovie a Milano, per trasferirsi a Bologna e, infine, a Roma nel 1924, anno in cui Poste e Telegrafi e Ferrovie entrarono alle dipendenze del nuovo Ministero delle Comunicazioni. Mazzoni lavorava nell’Ufficio Costruzioni Edilizie e Stradali preposto alla progettazione di tutti gli edifici postali e ferroviari. Nel 1926 si iscrive al Partito Nazionale Fascista, ottenendo poco dopo la promozione ad Ispettore principale e l’onorificenza di Cavaliere della Corona d’Italia.
Tra i suoi lavori degli anni ’20, il Dopolavoro ferroviario di Roma, la Colonia Rosa Maltoni Mussolini a Calambrone (1926), il Palazzo delle Poste di Como e di Nuoro e il restauro della stazione di Bolzano. Mazzoni viene nominato Direttore dell’Ufficio Costruzioni Edilizie e Stradali, che progetta, in Toscana, il Palazzo delle Poste di Grosseto e la stazione di Montecatini Terme mentre alcuni progetti non si realizzano quali il Fabbricato Viaggiatori e la stazione ferroviaria di Roma Termini, modificata nel Dopoguerra da Annibale Vitellozzi. Nel 1932 in occasione dell’inaugurazione di Littoria, attuale Latina, di cui l’ingegnere aveva progettato la stazione, Mazzoni incontra Filippo Tommaso Marinetti, che fondò il movimento futurista a Parigi. Nel 1933 aderisce ufficialmente al Futurismo e pubblica il Manifesto Futurista dell’Architettura Aerea. L’ultimo incarico pubblico di rilievo di Mazzoni fu nel 1942 il progetto della nuova stazione ferroviaria di Venezia pochi mesi prima della caduta del regime fascista che pone bruscamente fine alla sua brillante carriera professionale. Mazzoni viene denunciato nel 1945 alla Commissione d’Epurazione da Giovanni di Raimondo, il nuovo Direttore delle Ferrovie, ma interamente prosciolto dopo pochi mesi di sospensione.
Nel 1948, accetta l’offerta di una cattedra di Storia dell’Architettura e dell’Urbanistica a Bogotà in Colombia dove inizia una nuova fase della sua attività professionale prima come Dirigente dell’Ufficio Architettura dell’Impresa nazionale delle Telecomunicazioni, poi come libero professionista. Rientra nel 1963 a Roma, dove intratterrà rapporti epistolari con architetti e critici nel tentativo di vedere le proprie opere e il suo ruolo rivalutati. Muore a Roma il 28 settembre 1979.
L’articolata volumetria della Centrale Mazzoni
Il complesso della Centrale termica e della Cabina apparati presenta il fronte posteriore direttamente sui binari e il prospetto principale all’angolo tra via delle Ghiacciaie e via della Cittadella. Con la sua originale volumetria, le inedite soluzioni formali e il colore rosso mattone dell’intonaco, si stacca nettamente dall’anonimato dell’edilizia circostante.
Le cinque parti del complesso si possono distinguere a seconda delle funzioni interne: il corpo principale con la vera e propria Centrale Termica con affaccio su via delle Ghiacciaie con: la sala delle caldaie e il locale per gli accumulatori di vapore (arancione); l’adiacente edificio su tre piani di uffici e alloggi, all’angolo con via Cittadella (blu); il corpo di lavorazione del carbone (rosa); la Cabina di comando degli apparati ferroviari, di forma allungata semicircolare verso via delle Ghiacciaie (viola) e il corpo «cerniera» (verde) tra la Centrale e la Cabina.
L’architetto era venuto a contatto con la cultura internazionale di matrice tedesca nello studio di Marcello Piacentini a Roma e conosceva il progetto per la centrale termica di una fabbrica tessile a San Pietroburgo dell’architetto Erich Mendelsohn del 1925. Si tratta di un esempio di architettura espressionista, dove il “taglio di luce” si ritrova nelle finestre a nastro, masse murarie cieche e ricerca sul coronamento dell’edificio che accumuna i due fabbricati. Entrambi sono caratterizzati da un’architettura che dichiara apertamente, già dall’esterno, le funzioni tecnologiche che si svolgono all’interno, con felice risultato finale raggiunto grazie all’aderenza tra destinazione d’uso e soluzioni formali. Mazzoni era vicino al costruttivismo russo (movimento culturale che dal 1913 rifiutava il culto dell’ “arte per l’arte” a favore dell’arte come pratica diretta verso scopi sociali, in funzione del progresso) che vede nei camini, filiformi e luccicanti, il proprio simbolo. La Cabina apparati centrali, invece, sposa in pieno il movimento futurista (fondato a Parigi nel 1909 da Filippo Tommaso Marinetti con l’obiettivo di superare il passato per il futuro, esaltando la bellezza delle macchine rispetto alle opere del passato) nell’uso di finestre a forma di oblò, negli slanci aeronautici e nell’ispirazione macchinista del raccordo tra Centrale e Cabina, simile all’aggancio tra locomotiva e vagone. Su via delle Ghiacciaie, su cui si apre l’ingresso rialzato di sei gradini, l’edificio della Cabina apparati presenta una fascia basamentale fino alla quota dei binari realizzata da una tessitura di mattoni a vista conclusa da una cornice in travertino, oltre la quale si distende la muratura intonacata di colore marrone chiaro, ritmata da una serie di finestre di forma e in numero differente su ciascuno dei quattro livelli. La testata semicircolare è dotata di una grande vetrata in aggetto all’ultimo livello. Il forte sbalzo della copertura conclude e caratterizza la costruzione.
La centrale vera e propria si configura come un grande parallelepipedo connotato dalla presenza di quattro fumaioli collegati da una passerella aerea raggiungibile tramite una scala elicoidale in ferro, ancorata sul muro del fabbricato. Sul lato binari, la facciata della centrale termica appare quasi interamente finestrata in corrispondenza della sala delle caldaie, illuminata da otto altissime vetrate, mentre su via delle Ghiacciaie il fronte è segnato da una lunga vetrata orizzontale che collega i due accessi carrabili aperti alle estremità (da uno dei quali ha avuto inizio la visita). All’altezza dell’ultimo livello si ripete la fila di finestrine allungate già presenti sul fronte opposto.
Cenni sul ciclo del carbone
L’anima della centrale era il vapore generato dalla combustione del carbone, che arrivava tramite carrelli ferroviari, veniva fatto cadere da una tramoggia sfruttano il dislivello di 5 metri tra piano ferro (rotaie) e piano strada (centrale) e, una volta frantumato e trasportato sul nastro veniva fatto salire tramite l’elevatore a tazze, al livello del corpo Ponte. Qui, dopo esser stato pesato, veniva depositato nelle caldaie, dove veniva bruciato. Le scorie cadevano in un’altra tramoggia, in cui si separavano dal combustibile troppo fine, e venivano caricate in carrellini e depositate nell’area dedicata allo scarico del carbone di cromia nera.
La Centrale Termica produceva il vapore non solo per scaldare i treni in sosta e la sala viaggiatori della Stazione ma anche il quartiere sorto vicino alla Stazione da Palazzo dei Cerretani, Piazza dell’Unità a via Valfonda.
L’importanza di materiali (e colori) innovativi
Mazzoni si è dimostrato molto attento alla scelta dei materiali, tra quelli più innovativi entrati in commercio all’epoca, privilegiando intonaci esterni innovativi assieme a materiali tradizionali come il travertino o il marmo, in un dialogo sapiente fra colore e materia dialogante con i pieni e i vuoti delle architetture. La scelta era dettata da ragioni tecniche, che corrispondevano all’estetica moderna. Molti materiali sono stati ‘riscoperti’ durante i restauri seguiti al decreto di vincolo (3 aprile 1992)
Le porte con oblò in Anticorodal
L’inserimento di oblò nelle porte consentiva di guardare e controllare lo svolgimento del lavoro, anche a porte chiuse. Le maniglie e i contorni degli oblò sono in Anticoradal, una lega di silicio, magnesio, alluminio e manganese, materiale molto apprezzato perché (per la presenza di silicio e magnesio) non era soggetto alla corrosione. La cromatura è stata realizzata con uno strato di ossido di alluminio cristallizzato (artificialmente).
La scala con piastrelle in gres nero
Il colore nero, a piano strada, dove avveniva la lavorazione più sporca, la frantumazione, e nella parte bassa del piano ferro, è stato voluto da Mazzoni per limitare l’effetto ‘sporco’ che la lavorazione del carbone, per sua natura, avrebbe prodotto. Inoltre le piastrelle in grès, materiale ceramico a pasta dura, compatta, sonora e impermeabile, ottenuto per cottura sino a vetrificazione dell’impasto, permettevano una manutenzione di pulizia adatta. L’intonaco sopra le mattonelle era celeste chiaro.
Saliti al piano ferro, si trovavano i parallelepipedi dei forni, con gli ‘affacci’ per controllare il funzionamento. E’ mutata anche la tecnologia con la quale si produce il calore oggi perciò le tramogge del carbone hanno solo funzione storico-decorativa, effetto Basilica. La Centrale, tuttora funzionante, va a metano e alimenta solo i treni e gli edifici delle FS non il quartiere circostante. In una zona erano sistemati gli apparati di controllo.
Le vetrate in Termolux
Le 8 grandi vetrate sono state realizzate in Termolux, superficie che permette alla luce di illuminare diffusamente e, contemporaneamente, isolare termicamente e acusticamente. Questo materiale fu brevettato dalla vetreria livornese Balzaretti e Modigliani e utilizzato in molti edifici dell’epoca (vedi la «cascata» del fabbricato viaggiatori del Gruppo Toscano). È un ritrovato tecnico che si compone di due lastre di vetro con all’interno una fibra di vetro (fonte: rivista «Domus», agosto 1933)
L’intonaco esterno Terranova rosso
Mazzoni sfruttò l’intonaco Terranova, malta brevettata nel 1928 che sembra (dal deposito del brevetto originario, poichè è ancora in commercio e la composizione è un segreto industriale) migliorare la malta tradizionale grazie al legante. Pare costituito da calce idrata in polvere a cui, durante lo spegnimento, vengono aggiunte cere, oli e glicerine con funzione idrorepellente e fluidificante. La novità del brevetto sembrerebbe la capacità di ottenere una reazione controllata di silicatizzazione della calce con aggiunta di acido silicico attivo e fluoruro di sodio o silicio, che porta alla formazione di silicato di calcio nella massa dell’intonaco durante la fase di indurimento (non solo in superficie, con funzione protettiva o decorativa). Dato che il silicato di calcio è un prodotto insolubile in acqua, questo garantirebbe durabilità all’intero sistema nei confronti delle aggressioni dell’ambiente.
Al termine dei lavori, la scelta del rosso imperiale fu soggetta a un’interrogazione ministeriale, che ha dovuto riconoscere che era intonato alle mattonelle di ingresso alla stazione da via Cittadella (progettato dallo stesso Mazzoni). Per quanto concerne la manutenzione, Grandi Stazioni e FS puliscono i vetri Termolux, ma non possono intervenire sull’intonaco originario per il quale ci vuole un parere della Soprintendenza.
La cabina di comando (dall’esterno)
La forma e la soluzione del progetto derivano dall’adesione di Mazzoni al Futurismo col forte aggetto (di 1,5 metri dalla parete) e la tettoia curvilinea, riproposta e adattata alle altre sale di controllo in un contrasto luce/ombra che accentua l’andamento orizzontale mentre il collegamento fra i due corpi ricorda il gancio dei vagoni ferroviari.
La cabina, progettata per adeguare la Stazione al nuovo sistema idraulico di controllo degli scambi che permetteva di gestire distanze maggiori e di raggruppare molti più comandi in un banco di controllo, sostituiva i tradizionali controlli posizionati sul pavimento e si innesta nel corpo parallelepipedo della Centrale termica dando uno slancio futuristico al complesso di edifici.
Le ciminiere, il ponte e la scala elicoidale
L’immagine-simbolo dell’edificio è legata ai suoi elementi esterni in ferro, i camini (di cui uno originario, perché mai entrato in funzione) collegati da una passerella aerea raggiungibile da una scala a chiocciola, indispensabili al funzionamento delle caldaie, ma anche valorizzati secondo lo spirito della cosiddetta “estetica della macchina” cara al Futurismo. Filippo Tommaso Marinetti definì nel 1933 la passerella come “un elegante passaggio metallico nel vuoto, che agilizza tutto l’edificio a richiamare per la sua vaporosità atmosferica certe volubili ed elastiche musiche di Debussy. Praticità fusa con la bellezza”.
La struttura, verso l’alto, avrebbe dovuto alleggerirsi grazie a 2 puntoni obliqui fermati da traverse che avrebbero così concluso l’ascensione esaltata dalle scale a chiocciola. Quello che vediamo oggi risponde all’esigenza di consegna e alle forme presenti sul mercato al momento: Mazzoni collaborò con la Società Anonima Pignone per realizzare la struttura di sostegno che più si avvicinava al suo progetto. La passerella, i cavi, le scale e i camini riescono a trasmetterci quella modernità e quella velocità che il vapore e il treno incarnano, così come desiderato dal suo progettista Angiolo Mazzoni.